La Città 30 danneggia chi lavora e chi guida per lavoro (corrieri, manutentori, autisti bus, tassisti, ncc, ecc.)?
No, per diverse ragioni relative alla sicurezza stradale, alla qualità dell’aria e all’accessibilità della città.
Tanti morti e feriti in incidenti stradali sono persone che stavano semplicemente andando a lavorare, oppure che per lavoro guidano auto, furgoni, camion, ecc.: aumentare la sicurezza stradale grazie ai 30 km/h serve a salvare anche le loro vite in città. Pensa che in Italia il 60% degli infortuni mortali sul lavoro riconosciuti dall’INAIL sono in realtà incidenti stradali, di due tipologie: o cosiddetti “in itinere” (persone morte in incidenti stradali nel tragitto per andare da casa al lavoro), o durante il lavoro (persone morte in incidenti stradali mentre per lavoro erano alla guida di un mezzo di trasporto in circolazione sulla strada pubblica).
Analogamente, se con la Città 30 migliora la qualità dell’aria, questo va a vantaggio della salute dei guidatori professionali, che, lavorando in strade trafficate per molte ore ogni giorno, sono più esposti alle emissioni inquinanti.
Rendere più fluido il traffico con la Città 30, infine, aiuta chi guida per lavoro (che è cosa diversa da guidare per andare al lavoro) a farlo su strade, oltre che più sicure, anche meno congestionate e meno stressanti. I 30 km/h creano infatti condizioni di maggiore scorrevolezza a velocità costante, senza peggiorare i tempi di percorrenza, e, offrendo più sicurezza, progressivamente fanno crescere la quota di persone che si spostano a piedi, in bici e coi mezzi pubblici e riducono così il numero di auto in circolazione. Questo va a vantaggio soprattutto di chi deve guidare in strada per lavoro e spesso anche con tempi stringenti, come corrieri, manutentori, autisti dei bus, tassisti, ncc, ecc.
Che la Città 30 non danneggi chi lavora l’ha riconosciuto anche il TAR di Bologna, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso che era stato presentato da due tassisti contro il progetto della Città 30, proprio per la mancata dimostrazione di una lesione effettiva agli interessi economici e di un danno concreto alle attività imprenditoriali derivante dall’abbassamento della velocità massima a 30 km/h. La sentenza afferma anche testualmente: “(I ricorrenti) lamentano la lesione del diritto costituzionalmente tutelato alla libertà di circolazione. Quest’ultima, però, non è configurabile, dal momento che i provvedimenti impugnati non colpiscono il bene tutelato dalla Costituzione, in quanto non pongono limiti alla possibilità di muoversi, risiedere e lavorare liberamente sul territorio, ma dettano esclusivamente delle regole tecniche per garantire l’ordinata circolazione e l’incolumità pubblica”.